Il design industriale visto da un designer industriale

Design industriale
|
30/07/2020

La mia esperienza e i miei consigli sul design industriale in un’intervista della blogger Pooja Kashyap per il sito techietonics.com dedicato a scienza, tecnologia e ricerca.


(tempo di lettura: 9min 20s)


Sono stato contattato da Pooja Kashyap, blogger e fondatrice del sito techietonics.com.

Le sue recensioni e interviste a persone che grazie al loro lavoro portano innovazione, offrono un punto di vista inedito su come la tecnologia e la ricerca stiano plasmando il mondo.

Rispondere alle domande di Pooja è stato molto interessante e divertente perché, grazie a lei, ho potuto ragionare sul mio lavoro e su alcuni dei miei progetti da un punto di vista alternativo e insolito, affrontando anche argomenti non direttamente collegati al design industriale.

Trovate l’intervista completa (in inglese) e tutte le mie risposte cliccando qui.

A seguire invece voglio condividere con voi quella parte di intervista, tradotta in italiano, più attinente alla mia attività di designer industriale.

Parlaci della tua attività. Cosa fai esattamente?

‘faccio tutto quello che serve per portare un’idea dalla testa allo scaffale.’
Così ho descritto il mio lavoro di industrial designer sulla home page del mio sito web.

Dal 1993 collaboro come freelance con aziende italiane ed europee nell’ideazione e sviluppo di nuovi prodotti.
Ho progettato in svariati settori, cose diversissime tra di loro, perché sono curioso e mi piace imparare sempre cose nuove.

Vivo ogni progetto come un’avventura dalla quale tornerò con nuove conoscenze professionali e soprattutto umane, perché dietro ad ogni azienda e ad ogni prodotto ci sono sempre uomini e donne.

I contenitori KIS, che hai progettato per WALMART, sono impilabili e modulari. In che cosa differiscono dai contenitori a cassetti portatili?

I contenitori disegnati in esclusiva per WALMART sono stati prodotti da ABM Italia (ora KETER Italia spa) con il marchio KIS.
Questi nello specifico sono stati pensati per organizzare gli spazi e tenere in ordine tutti gli ambienti della casa.


Quali sono, quindi, le differenze tra un sistema di contenitori come quello realizzato per Walmart e quelli a cassetto?

Entrambi ovviamente possono contenere oggetti e indumenti al riparo da polvere e luce solare.
Possono essere sovrapposti e posizionati sia all’interno di armadi che all’esterno grazie al loro design piacevole e colorato.

La principale differenza dal mio punto di vista sta nella praticità e versatilità d’uso.

Mettere e togliere degli oggetti da una scatola con un coperchio è estremamente semplice e naturale, non lo è altrettanto farlo in un cassetto specialmente se pieno.

Le scatole rispetto ai cassetti possono avere dimensioni maggiori e quindi contenere più materiale e oggetti grandi.

Possono essere sollevate e spostate facilmente grazie alle comode maniglie laterali mentre spostare un grande cassetto è faticoso e pericoloso (specialmente se ti cade su un piede…)

Le scatole sono elementi autonomi svincolati da qualsiasi struttura e per questo possono essere posizionate ovunque, singolarmente o in gruppi di più scatole sovrapposte anche di dimensioni diverse, perché modulari, come nel caso dei contenitori disegnati per WALMART.

I cassetti invece sono vincolati a delle strutture più o meno rigide e pesanti che fungono da sede e coperchio (vedi esempi qui sotto).




E infine sono più eco-sostenibili rispetto ai moduli a cassetto perchè realizzate con un solo materiale e quindi più facili da smaltire e riciclare.

Le scatole disegnate per WALMART sono realizzate in Polipropilene (PP) un materiale plastico totalmente riciclabile impiegando minimi quantitativi di energia.

Hanno un design pensato per ridurre al minimo lo spessore delle pareti pur garantendo la necessaria robustezza e rigidità.
Questo si traduce in un minor peso e in un minor quantitativo di materiale impiegato.

Le decorazioni che rivestono le scatole non sono aggiunte con lavorazioni successive, che aumenterebbero i costi e l’energia impiegata per la loro produzione, ma vengono realizzate con la tecnologia IML (In-Mould Labelling).

É un processo attraverso il quale, durante lo stampaggio ad iniezione delle scatole, il film plastico su cui è stampata la grafica colorata si fonde con la plastica del contenitore.
Questo significa che scatole e coperchi escono dallo stampo già finiti e pronti alla vendita.

Le scatole non sono solo sovrapponibili ma anche impilabili, a differenza dei moduli a cassetto, ovvero possono essere infilate una dentro all’altra riducendo il loro ingombro in fase di stoccaggio e soprattutto di trasporto.

Tutti ormai sappiamo che trasportare le merci da una parte all’altra del pianeta significa consumare energia e immettere gas inquinanti in atmosfera.

Un prodotto che occupa meno spazio e pesa meno ha un impatto ambientale decisamente più basso.

Ci puoi descrivere le scarpe antinfortunistiche che hai progettato? E qual è il messaggio che vorresti trasmettere alle persone che indossano il tuo design?

Questa scarpa nasce da un incarico ricevuto dalla GIASCO (www.giasco.com), azienda italiana specializzata nella produzione e distribuzione di scarpe antinfortunistiche.


Mi è stato chiesto di disegnare una suola in poliuretano termoplastico (TPU) da applicare a diverse tipologie di tomaie.

La progettazione di una suola di questo tipo deve rispettare precise specifiche e normative in materia di sicurezza.

Il materiale impiegato, la forma e la profondità del battistrada sono fattori che devono essere tenuti in considerazione al fine di ottenere un’aderenza ottimale tra suola e pavimento, anche in presenza di superfici umide e bagnate.

Il disegno dei solchi delle scarpe antinfortunistiche, così come per le scarpe da ginnastica, non deve essere pensato in chiave puramente estetica e decorativa ma bensì in modo da produrre la massima aderenza tra scarpa e superficie di appoggio.

I solchi del battistrada devono avere profondità e disegno tale da poter garantire l’espulsione dell’acqua o di altri liquidi da sotto le scarpe, evitando così l’effetto aquaplaning che è quello che ci fa scivolare, esattamente come accade sui pneumatici delle automobili.

Una volta modellata la suola al CAD3d, ho pensato che potesse essere interessante presentare al cliente, non un semplice disegno o rendering ma un vero e proprio campione fisico, grazie all’ausilio della prototipazione rapida.

A quel punto mi sono fatto prendere la mano ed ho realizzato anche un’ipotesi di tomaia che si adattasse al design della suola per realizzare il prototipo in scala reale dell’intera calzatura.


Era il mio primo incarico nel settore della calzatura ed ho quindi pensato potesse essere utile investire tempo e risorse nella realizzazione dell’intera scarpa, acquisendo in questo modo una maggiore esperienza e credibilità.

Qual'è il messaggio che vorrei trasmettere alle persone che indossano il mio design?
L’estetica è importante, perché ci da piacere e gioia di vivere, ma deve essere sempre posta in secondo piano quando si tratta di scegliere prodotti da indossare (cuffie, occhiali, orologi, scarpe, etc…), prodotti che sono a contatto con il corpo e la pelle.

Quando scegliete un prodotto da indossare, disegnato da me o da chiunque altro non ha importanza, privilegiate ergonomia, funzionalità e qualità dei materiali, per evitare spiacevoli inconvenienti e in alcuni casi danni fisici importanti.

Oggi grazie al web è più facile informarsi e farsi un’idea precisa sulle caratteristiche di un prodotto e sarebbe quindi veramente stupido non approfittarne.

In che modo bilanci funzionalità ed estetica nei tuoi progetti?

Progetto sempre prodotti che svolgono una funzione ben precisa, sono dispositivi elettronici e meccanici, elettrodomestici, attrezzi, sedie, poltrone e contenitori.

Funzione e funzionalità e costi di produzione sono sempre il mio punto di partenza quando ricevo un incarico.

Trasformo le richieste e le specifiche tecniche del cliente in una serie di bozzetti realizzati a mano libera (vedi immagine a seguire).

Sono bozzetti che raramente faccio vedere perché sono solo “consolidamenti stilizzati” di tutte le mie elucubrazioni mentali.
Sono schizzi volutamente poveri graficamente (non voglio innamorarmi del mio disegno ma del concetto, dell’idea) che tuttavia contengono tutte quelle informazioni e valutazioni di massima che mi permettono di passare alla seconda fase, quella della modellazione 3d, sapendo già che non ci saranno grosse sorprese o ripensamenti.


Ho infatti già ipotizzato gli stilemi estetici che caratterizzeranno il design di quella soluzione e verificato a grandi linee la sua fattibilità industriale.

Effettuo quindi una scrematura radicale dei bozzetti scegliendone solo tre.
Tre ipotesi totalmente diverse tra di loro.

La prima è la più aderente al feedback del cliente anche in termini di design, la seconda è un’evoluzione della prima un po’ più “spinta” per soluzioni estetiche e tecniche e infine la terza…la “sparata” come la chiamo io, una soluzione che nulla ha a che vedere con lo stato dell’arte perché risolve il progetto in maniera insolita, non convenzionale.

Questo approccio è molto apprezzato dal cliente perché ha la possibilità di valutare tre strade, anche quella che magari non avrebbe mai pensato di gradire.

Accade spesso infatti che la soluzione scelta sia la terza (la sparata).

Di frequente l’estetica di un mio prodotto nasce dalle caratteristiche costruttive e funzionali di quell’oggetto o dalla sua ergonomia a tal punto che, in alcuni casi, devo fare ben poco per migliorarlo.

Altre volte invece è un lavoro più complesso e coordinato, giocato sull’equilibrio tra forme e proporzioni, texture e colori.

In entrambi i casi il fattore comune è il mio stile.
La mia visione di design industriale, quella costruita e maturata in trent’anni di professione.

Un design privo di fronzoli ed orpelli decorativi.
Un design al servizio della funzione e non viceversa, slegato da mode e tendenze passeggere e quindi destinato a durare.

I designer sono visionari, artisti, creano "arte" dal nulla immersi costantemente nella fantasia. Come riesci a portare alla luce queste gemme dalla tua immensa immaginazione?


Wow Pooja... grazie per la fiducia!

Non so se la mia immaginazione sia immensa, sicuramente è sempre in fermento proprio perché, come ti raccontavo in precedenza, ho la possibilità di spaziare in tanti settori industriali e disegnare oggetti di ogni forma, dimensione e funzione.

Le mie idee nascono anche da questa mia condizione privilegiata, spesso infatti l’ispirazione per un nuovo prodotto mi arriva da una nuova tecnologia o dalle caratteristiche di un materiale di cui vengo a conoscenza lavorando su altri progetti.

Poi c’è il pensiero creativo.
E’ un pensiero tipico del bambino che in un oggetto non vede solo ciò che rappresenta ma intravede potenzialità e utilizzi completamente diversi da quello per cui è stato costruito.

Questo modo di guardare il mondo senza pregiudizi, stimola le idee e l’immaginazione ma deve essere alimentato e incoraggiato continuamente diventando una vera e propria filosofia di vita.

C'è un progetto di design che consideri esemplare?

Sono tanti i progetti che mi fanno esclamare: “maledizione questo avrei voluto disegnarlo io!” perché rappresentano in pieno la mia filosofia di design industriale.

Uno di questi è sicuramente la lampada Parentesi progettata da Achille Castiglioni e Pio Manzù per l’azienda italiana FLOS.


Prodotta a partire dal 1971 ha rappresentato e rappresenta per me una vera ispirazione, influenzando in modo rilevante quella che ora è la mia filosofia di design industriale.

Poco fa, rispondendo ad una tua domanda, ti ho parlato di quando la funzione e il funzionamento di un prodotto generano automaticamente anche il suo aspetto estetico…questa lampada rappresenta in modo magistrale questo concetto.

É un prodotto intelligente, semplice ed ironico, dove la forma nasce dalla funzione e non c'è nulla di troppo, nessun virtuosismo estetico fine a se stesso.

Sono passati parecchi anni da quando per la prima volta ho visto questa lampada.

Credo di aver trascorso serate intere ad immaginare quel cordino d’acciaio che strisciava in quel tubicino sottile, piegato in modo tale da ottenere un attrito, sufficientemente forte da non far cadere la lampada e sufficientemente debole da poterla spostare in alto e basso senza sforzo…adoro quel tipo di pensiero, perché produce oggetti senza tempo, belli, funzionali e soprattutto divertenti, perché non puoi non sorridere quando li vedi e soprattutto quando ne capisci la logica.

In questo progetto c’è tutto quello che vorrei trovare in un prodotto. Questo per me è... design industriale.

Qual'è stata la cosa più sorprendete della libera professione?

La libertà di essere se stessi e di fare ciò che più ti piace, con i tuoi ritmi e i tuoi valori. Impagabile.

Che consiglio daresti a chi sta pensado di mettersi in proprio in un ambito creativo?

Di farlo senza nessuna esitazione se hanno passione per quello che fanno perché, come diceva Confucio: “fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita.”

Un suggerimento importante:
per fare una professione creativa non è sufficiente essere geniali e talentuosi bisogna essere altrettanto capaci nelle pubbliche relazioni e nella gestione degli aspetti economici.

Se non sapete valorizzare il vostro lavoro e chiedere i giusti compensi anche il mestiere più bello del mondo può diventare una fonte inesauribile di frustrazioni e problemi, meglio cercarsi uno o più soci con le qualità che a voi mancano.


Ringrazio Pooja Kashyap di avermi contattato, dandomi la possibilità di raccontare la mia professione e la mia filosofia sul design industriale attraverso quest' intervista.

Spero che gli argomenti trattati possano aver stimolato il vostro interesse dandovi  spunti e idee per nuovi progetti e collaborazioni.

Se desiderate confrontarvi sugli argomenti proposti, potete chiamarmi o contattarmi, sarà un piacere fare la vostra conoscenza e condividere con voi la passione per il design.


A presto,

Luca